Per parlare di pappataci occorre prima definire che cos’è un “pappatacio”. Nel senso stretto e corretto del termine si tratta di un insetto dell’ordine dei ditteri, sottordine nematoceri (come le zanzare) appartenente alla famiglia degli psicodidi (Psychodidae), sottofamiglia flebotomini (Phlebotominae) che conta in Italia una decina di specie raggruppati in due generi (Phlebotomus e Sergentomyia).
In realtà, in molte regioni italiane, tutti gli insetti più piccoli di una zanzara e che come loro infliggono fastidiose punture vengono spesso chiamati pappataci. Oltre ai flebotomi abbiamo principalmente altri due gruppi di ditteri nematoceri definiti impropriamente pappataci: i simulidi (famiglia Simulidae), che contano in Italia una settantina di specie raggruppate in 5 generi e alcuni ceratopogonidi (famiglia Ceratopogonidae) un centinaio di specie suddivise in 13 generi di cui solo 3 ematofagi.
Vediamo le principali caratteristiche di questi insetti.
I flebotomi sono molto piccoli (1-3 mm), con corpo giallastro, fittamente peloso. Le ali sono tenute verticali a riposo e l’asse maggiore del capo forma un angolo retto con quello del resto del corpo. Pungono di notte.
I simulidi sono in genere più grossi (1,5-5 mm) e hanno un corpo tozzo, da grigio a nero. Le ali, trasparenti, a riposo sono tenute ripiegate sull’addome. Pungono di preferenza al tramonto e alle prime luci dell’alba.
I ceratopogonidi sono di taglia piccola (1-4 mm), hanno un corpo più allungato dei simulidi, ma più tozzo dei flebotomi. Le ali hanno spesso macchie chiare su sfondo scuro e sono tenute sull’addome a riposo. Alcune specie pungono dopo il tramonto, altre di giorno.
E ora veniamo alle larve (tutte di aspetto più o meno vermiforme).
Nei flebotomi le larve sono terricole: vivono in luoghi umidi come le fessure dei muretti, i rifugi degli animali domestici o selvatici, cantine, legnaie, cavi degli alberi, ecc., dove si nutrono del materiale organico in decomposizione.
I simulidi hanno invece larve strettamente acquatiche: vivono nelle acque correnti aggrappate a vari substrati, quali sassi, rocce, piante acquatiche e persino altri piccoli animali. Si nutrono filtrando l’acqua con due evidenti “ventagli” posti davanti alla bocca.
I ceratopogonidi hanno larve molto allungate (“vermicelli” biancastri con il capo scuro) e, a seconda della specie, possono vivere in vari ambienti, da quelli terrestri a quelli acquatici.
Detto ciò, si capisce come le operazioni di lotta debbano variare enormemente a seconda dell’insetto che si vuole combattere. In ogni caso le operazioni di lotta di norma più efficaci (prevenzione e lotta larvicida) non sono per nulla semplici e difficilmente adottabili dai privati cittadini senza un supporto tecnico. Una buona notizia può venire dal fatto che spesso sono stati trovati esemplari di questi insetti nelle trappole attrattive ad anidride carbonica di norma utilizzate per la cattura delle zanzare, con tutti i limiti che hanno questi strumenti quando vengono utilizzati per la lotta.
Concludo con gli aspetti medico-veterinari collegati a questi insetti.
I flebotomi possono essere vettori di alcuni virus e soprattutto dei protozoi agenti eziologici delle leishmaniosi cutanea, viscerale umana e viscerale canina, presenti anche in Italia.
I simulidi rare volte si rendono protagonisti di massicci attacchi al bestiame provocandone addirittura morie, come accaduto tempo fa in Trentino. In alcune regioni tropicali sono invece vettori dell’oncocercosi o cecità di fiume.
I certopogonidi sono potenziali vettori di alcuni parassiti e virus, tra cui quello che provoca la febbre catarrale ovicaprina o bluetongue, che da alcuni anni è apparsa anche in Italia.
ANTEA
(am)